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Il monte Nuovo è un vulcano che fa parte dei Campi Flegrei. Si trova nel comune di Pozzuoli presso il Lago Lucrino. Si formò tra il 29 settembre e il 6 ottobre 1538 a seguito di un'eruzione che distrusse il villaggio medievale di Tripergole e mise in fuga la popolazione locale. La formazione del Monte Nuovo rappresenta una delle due eruzioni vulcaniche nei Campi Flegrei avvenute in epoca storica, insieme all'eruzione del 1158 alla solfatara (VEI 1)[1].

Monte Nuovo
Il Monte Nuovo visto dal Lago Lucrino
Stato Italia
Regione Campania
ProvinciaNapoli
ComunePozzuoli, località Tripergole
Altezza133 m s.l.m.
CalderaCampi Flegrei
Diametro cratere420 m
Prima eruzione29 settembre 1538
Ultima eruzione6 ottobre 1538
Ultimo VEI3 (vulcaniana)
Codice VNUM211010
Coordinate40°50′06″N 14°05′16.08″E
Mappa di localizzazione
Monte Nuovo

Il monte è caratterizzato da una folta vegetazione. Sul vulcano crescono piante tipiche della macchia mediterranea. Le piante maggiormente presenti sono il pino, le ginestre, l'erica.

Il vulcano è un'oasi naturalistica aperta al pubblico e manifesta attività vulcanica secondaria, come terremoti e fumarole. Essendo una delle decine di bocche eruttive della caldera vulcanica Campi Flegrei, ne condivide la classificazione geologica.


La formazione del vulcano



I prodromi


Nel X secolo il Lago Lucrino non esisteva più, essendo sommerso dal mare a causa del bradisismo discendente
Nel X secolo il Lago Lucrino non esisteva più, essendo sommerso dal mare a causa del bradisismo discendente

Nel X secolo i Campi Flegrei subirono la loro massima sommersione bradisismica. Essa è attestata a Pozzuoli dal cosiddetto Serapeo dove le parti delle colonne sommerse dal mare ma non sepolte da detriti vennero attaccate dai litodomi fino ad un'altezza massima di 6,30 m. È chiaro che in quest'epoca il Lago di Lucrino non esisteva più, sommerso completamente dal mare che penetrava nel Lago d'Averno.

Nell'XI secolo il movimento bradisismico si invertì da negativo in positivo: iniziava una progressiva emersione dell'area flegrea interessata dal fenomeno.

Nel XII secolo, e precisamente nell'anno 1198, si ebbe un'attività più intensa della Solfatara: Scipione Mazzella parla di una vera e propria eruzione del vulcano, caratterizzata da colate di fango che si sarebbero dirette verso Pozzuoli; recenti indagini archeologiche nei pressi della Solfatara hanno tuttavia dimostrato l'infondatezza di questa notizia. Ciò non di meno si può credere che una maggiore intensità fumarolica ed eruttiva in loco della Solfatara possa essere collegata all'inversione del movimento bradisismico.

Nel XIV secolo, nell'anno 1301, sull'isola d'Ischia ebbe luogo l'ultima eruzione lavica (colata dell'Arso), accompagnata per alcuni mesi da forti terremoti che si fecero sentire su tutta la costa. Intanto nei Campi Flegrei proseguiva il movimento ascensionale del bradisisma. Poco dopo, nel 1341 il Boccaccio visitava la zona flegrea e notava che il mare agitato irrompeva nel lago d'Averno.

Nel XV secolo Pozzuoli subiva disastrosissimi terremoti che la rasero praticamente al suolo: il primo del 1456 colpì tutto l'Appennino Campano; il secondo del 1488 ebbe invece carattere locale.

Nel XVI secolo il Lucrino era ancora sommerso dal mare ed appariva come una insenatura marina che raggiungeva l'imboccatura del Lago d'Averno, sulla quale insenatura si affacciava il villaggio di Tripergole. Intanto il bradisisma ascendente diventava visibile: gli abitanti di Pozzuoli litigavano fra di loro per chi si dovesse appropriare delle nuove terre che emergevano lungo la costa, tanto da causare nel 1501 e 1503 due editti regi di re Ferdinando II di Aragona ed Isabella di Castiglia (conservati presso l'archivio diocesano di Pozzuoli) che infine assegnavano al demanio della città di Pozzuoli le terre che emergevano sulla costa "dove si andava seccando il mare".

Dopo il 1511 si ebbe una progressiva intensificazione dell'attività sismica; in modo particolare negli anni 1536-1537 i terremoti si avvertirono in tutta la provincia, Napoli compresa, affliggendo in modo particolare la città di Pozzuoli dove furono danneggiati seriamente numerosi edifici. Nei due giorni precedenti l'eruzione, le scosse telluriche tra grandi e piccole erano continue, sia di giorno che di notte, contandosene secondo alcuni più di venti nella sola data del 27 settembre 1538, secondo altri anche una decina ogni ora[2].


L'eruzione


La dinamica dell'eruzione del Monte Nuovo e la successione degli eventi è abbastanza ben conosciuta grazie ad una serie di testimonianze di alcuni personaggi e cronisti dell'epoca che, per la loro curiosità ed interesse scientifico, furono testimoni in prima persona del fenomeno, recandosi essi stessi sui luoghi dai quali invece gli altri fuggivano, similmente a quanto era avvenuto quindici secoli prima con Plinio il Vecchio durante l'eruzione del Vesuvio nell'anno 79 d.C. Benché la cronologia indicata dai diversi autori non sia sempre di immediata comprensione[3] (la cadenza delle ore e della giornata non corrispondevano allora a quelle attuali[4]), tuttavia dal confronto delle varie testimonianze tanto la dinamica che la sequenza delle diverse fasi eruttive risulta coerente e può essere riassunta come segue.

Sabato 28 settembre 1538: Il fenomeno si avviò intorno alle ore 12:00, allorché il mare si ritirò repentinamente di circa 370 m, lasciando sulla riva moltissimi pesci agonizzanti che dai Puteolani, felici, furono raccolti "a carrettate"; è stato calcolato che questo ritiro corrisponda ad un moto bradisismico ascendente di almeno 7,40 m[5]

Il Monte Nuovo visto dal mare durante la fioritura delle ginestre
Il Monte Nuovo visto dal mare durante la fioritura delle ginestre

Domenica 29 settembre: intorno alle ore 8:00 di mattina fu notato che nella piccola vallata posta fra il Monte Barbaro, l'Averno ed il mare, la terra si era abbassata di circa 2 canne (corrispondenti a 4,23 m), dal quale avvallamento fuoriuscì un piccolo torrente sia di acqua fredda e limpida che di acqua tiepida e sulfurea (dunque l'eruzione intaccò sia la falda freatica che vene di acque termali). Verso le ore 12:00 nello stesso avvallamento si andò formando invece un rigonfiamento del terreno, descritto dai cronisti dell'epoca che lo videro formarsi "come quando la pasta cresce"; continuando questo bozzo a crescere, vi si aprirono infine dei crepacci. Verso le ore 20:00 si aprì la prima voragine, il "cumulo di terra" collassò ed ebbe inizio l'eruzione. La piccola valletta si squarciò e dalla spaventosa buca cominciarono a fuoriuscire fuoco, fumo, pietre, cenere asciutta e soprattutto cenere fangosa, il tutto accompagnato da forti boati.

Il Monte Nuovo è sorto sul luogo ove era situato il villaggio medievale di Tripergole
Il Monte Nuovo è sorto sul luogo ove era situato il villaggio medievale di Tripergole

Lunedì 30 settembre (“primo giorno”): per tutta la notte si sentirono forti boati. I Puteolani, investiti dalla pioggia di cenere, fango e pietre, e dai tremori dei terremoti, fuggono verso Napoli. A Lucrino l'eruzione cancella progressivamente il Monticello del Pericolo ed il villaggio di Tripergole postovi sopra, e colma l'insenatura marina su cui questi si affacciavano; parimenti distrugge e seppellisce la sorgente termale chiamata "Bagno di Cicerone" (ovvero "Bagno del Prato") ed i corrispondenti resti della villa di Cicerone detta "Cumanum" (o "Academia"). In giornata il viceré Don Pedro di Toledo viene con tutta la sua corte, molti cavalieri e qualche filosofo ad osservare il fenomeno attestandosi però alla chiesetta di San Gennaro alla Solfatara sia perché il luogo è un punto di osservazione straordinario di tutti i Campi Flegrei, sia perché non era possibile avvicinarsi a Pozzuoli per la fitta caduta delle pietre eruttate.

Martedì 1º ottobre (“secondo giorno”): il Monte Nuovo finisce di formarsi nel giro di 48 ore. Nel frattempo da Napoli viene organizzata una processione con il prezioso busto contenente la reliquia della testa di San Gennaro.

Mercoledì 2 ottobre (“terzo giorno”): l'attività eruttiva si modera di molto e il monte diventa visibile quando fumo e ceneri cominciano a diradarsi. Pietro Giacomo da Toledo "con più persone" ne approfitta per salire sulla sommità del monte e guardare dentro la caldera.

Giovedì 3 ottobre (“quarto giorno”): tra le ore 15:00 e 16:00 nuova fase eruttiva, corta ma violentissima, tanto che "pietre grosse" raggiungono Nisida, spaventando non poco i barcaioli che lì stazionavano.

Venerdì 4 ottobre (“quinto giorno”): il vulcano ritorna in uno stato di quiescenza ed emette solo "poco fumo". Il Marchesino è invogliato a recarsi di persona nei luoghi colpiti: vi si reca in barca attraccando a Pozzuoli per poi raggiungere il Monte Nuovo, salirci su, guardare dentro la caldera, ed infine dare uno sguardo a Lucrino e all'Averno.

Sabato 5 ottobre (“sesto giorno”): continua la fase quiescente del vulcano che emette "poco fumo". Il Marchesino scrive la sua lettera-relazione.

Domenica 6 ottobre (“settimo giorno”): sia la fase di apparente tranquillità del vulcano, che anche la giornata festiva invogliano numerose persone a scalare il nuovo cono. Ma nuovamente tra le ore 15:00 e 16:00 un'improvvisa e violenta esplosione, benché l'ultima, miete ben 24 vittime fra gli incauti scalatori.

I danni provocati dall'eruzione del Monte Nuovo furono piuttosto circoscritti e non andarono oltre il raggio di circa 1 km; i materiali eruttati ricaddero soprattutto in loco: Pozzuoli fu sepolta da 30 cm di ceneri, Napoli da 2 cm (quanto bastò per insudiciare i bei palazzi nobiliari), mentre le ceneri più leggere, portate dai venti, riuscirono a raggiungere il Cilento, la Calabria e le Puglie.

Probabilmente nei mesi (o negli anni) successivi all'eruzione il suolo ridiscese progressivamente: secondo alcuni ritornando alla quota che aveva nel 1530; secondo altri abbassandosi di circa 3 m.

Una tavola conservata al Museo di San Martino a Napoli (edita da E. Duchetti a Roma nel 1586) che ritrae una veduta generale a volo d'uccello dei Campi Flegrei da Posillipo fino a Cuma, mostra un lago Lucrino praticamente inesistente.


Storia e documentazione



Fonti scritte e testimoni oculari


Gli autori che hanno visto l'eruzione del Monte Nuovo sono: Simone Porzio, Marco Antonio Delli Falconi, Girolamo Borgia[6], Francesco Marchesino, Francesco Del Nero, Pietro Giacomo Toleto. Vi sono poi altri autori che pur essendo contemporanei dell'evento ed avendolo descritto, tuttavia le loro descrizioni hanno un valore documentario minore, non essendo loro stati testimoni oculari dell'eruzione. Essi sono: Antonio Sanfelice, Georg Agricola, Ferrante Loffredo, Scipione Mazzella, Giovanni Battista Della Porta (De aeris transmutationibus Lib. IV cap. XLIV. De agri puteolani conflagratione del 1610). Nuovi documenti storici sono stati individuati e pubblicati nel 2011 da Emanuela Guidoboni e Cecilia Ciuccarelli [7].

Simone Porzio (nato a Napoli nel 1497 – morto a Napoli nel 1554) era un medico che ha anche insegnato filosofia a Napoli e a Pisa; aveva studiato a Padova col Pomponazzi; scrisse in latino molte opere sia di medicina che di filosofia. La sua relazione sull'eruzione, anch'essa in latino – dedicata al viceré spagnolo Don Pedro de Toledo – è stata tradotta e pubblicata da Amenduni nel 1878 (Giuseppe Amenduni, Dell'incendio dell'agro puteolano. Epistola di Simone Porzio al Viceré Don Pietro da Toledo. Traduzione italiana preceduta da una illustrazione critica. Napoli, 1878).

Marco Antonio Delli Falconi
Marco Antonio Delli Falconi

Marco Antonio Delli Falconi (nato a Nardò alla fine del XV sec. – morto nel 1556) fu un sacerdote eletto nel 1545 vescovo di Cariati (CS); in precedenza era stato al servizio di Bernardo Tasso quando questi era segretario del principe di Salerno. La sua testimonianza: Delli Falconi Marco Antonio, Dell'incendio di Pozzuoli nel MDXXXVIII. Napoli, 1538. L'opuscolo di Delli Falconi mostra un disegno ad incisione con la veduta della costa dalla Solfatara fino al Capo Miseno, nel quale si riconoscono Pozzuoli con il ponte caligoliano, Baia con il Castello Aragonese ed uno dei suoi grandi edifici termali, inoltre il Monte Barbaro con in cima la chiesa ed il convento di Sant'Angelo, ed al centro dell'immagine il Monte Nuovo in piena conflagrazione. Delli Falconi osservò l'eruzione dal mare in quanto, provenendo da Ischia, decise di fermarsi con la barca nel Golfo di Pozzuoli, attestandosi al largo nei pressi di Capo Miseno a circa quattro miglia dalla bocca eruttiva.
Pietro Giacomo da Toledo (o anche Pietro Giacomo Toleto) fu un medico, probabilmente napoletano. La sua testimonianza che è in forma di dialogo fra due personaggi di fantasia, Pellegrino e Suessano, è pubblicata in un rarissimo opuscolo intitolato Ragionamento del terremoto, del Nuovo Monte, dell'aprimento di terra in Pozzuolo nell'anno 1538 e della significazione di essi per Pietro Giacomo da Toledo, stampato in Napoli … 1539 …, opuscolo che fu offerto da sir William Hamilton al Museo Britannico. Il libello è corredato da una incisione che mostra l'eruzione del Monte Nuovo, la stessa pubblicata in Delli Falconi ma priva della didascalia.
Francesco Del Nero scrisse invece una lettera a Niccolò Del Benino, intitolata Sul terremoto di Pozzuoli, dal quale ebbe origine la montagna nuova, nel 1538; questo manoscritto fu pubblicato dall'Archivio Storico Italiano nel 1846, Vol. IX, Serie I.
Girolamo Borgia (nato in Lucania nel 1475 – morto a Napoli nel 1550), fu di famiglia spagnola; ebbe per maestro il Pontano, e divenne vescovo di Massa Lubrense. Cantò l'eruzione in un poemetto in versi latini che dedicò a papa Paolo III, intitolandolo H. Borgii. Incendium ad Avernum lacum horribile pridie Cal. Octobris MDXXXVIII, nocte in tempesta exortum. Neapoli, … MDXXXVIII.
Francesco Marchesino scrisse una lettera non si sa a chi indirizzata, intitolata Copia de una lettera di Napoli che contiene li stupendi et gran prodigij apparsi sopra à Pozzolo, datata 5 ottobre 1538, e pubblicata a Napoli nello stesso anno. Di chi sia stato Francesco Marchesino e di che cosa si occupasse nella sua vita, non è dato di sapere. Il frontespizio della sua lettera a stampa presenta anch'essa un'incisione, invero un po' ingenua, che mostra la veduta della costa da Napoli fino a Capo Miseno ed Ischia (ovviamente compressa per motivi di spazio) durante l'eruzione: la forza della conflagrazione scaraventa in aria uomini, cani, e case intere in mezzo ad un viluppo di fiamme e pietrisco. Il Marchesino non solo assistette all'eruzione, ma salì persino sul monte.

Prescindendo dalle fasi ben risapute dell'eruzione, si riportano qui alcuni particolari e dettagli interessanti notati dai singoli autori, che arricchiscono notevolmente il quadro complessivo dell'evento.

[continua..]


Il villaggio di Tripergole e gli antichi balnea


Pietro da Eboli: Balneum Tripergulae. La terma romana, distrutta dall'eruzione del Monte Nuovo, era caratterizzata da due stanze, in una delle quali ci si spogliava, mentre nell'altra ci si curava. Trovandosi il bagno presso il Lago d'Averno considerato fin dall'antichità l'ingresso al Regno dei Morti, la miniatura mostra Gesù Cristo che, prima di risorgere, vi discende per infrangere le porte dell'Ade.
Pietro da Eboli: Balneum Tripergulae. La terma romana, distrutta dall'eruzione del Monte Nuovo, era caratterizzata da due stanze, in una delle quali ci si spogliava, mentre nell'altra ci si curava. Trovandosi il bagno presso il Lago d'Averno considerato fin dall'antichità l'ingresso al Regno dei Morti, la miniatura mostra Gesù Cristo che, prima di risorgere, vi discende per infrangere le porte dell'Ade.

A seguito dell'opera di Pietro da Eboli, il De Balneis Puteolanis (o il De Balneis Terrae Laboris), scritta nel XIII secolo alla corte di Federico II di Svevia, gli Angioini incoraggiarono la popolazione all'uso delle sorgenti flegree a fini terapeutici. Sul Lago Lucrino, presso una piccola collinetta di tufo (chiamata Monticello del Pericolo) su cui essi avevano edificato un castello, sorse ben presto un villaggio chiamato Tripergole. Esso si sviluppò dove più numerose si addensavano le fonti e gli impianti termali romani, proprio a seguito dell'afflusso dei numerosi malati. Il villaggio, oltre ad avere un certo numero di case, aveva una chiesa nel castello (dedicata allo Spirito Santo e a Santa Marta) ed una seconda chiesa dedicata a Santa Maddalena, un ospedale con circa 30 letti fatto costruire da Carlo II d'Angiò con annessa una farmacia, poi tre osterie per i forestieri, ed infine una casina di caccia reale, ed una cavallerizza.

Con l'eruzione vulcanica del 1538 la topografia del luogo cambia totalmente: viene cancellato completamente il villaggio di Tripergole con tutti i suoi edifici civili, religiosi e militari; scompare il Monticello del Pericolo; vengono totalmente distrutte o sepolte le antiche sorgenti termali di epoca romana che si trovavano presso il villaggio (da Pietro da Eboli chiamate: Balneum Ciceronis o Balneum Prati; Balneum Tripergula; Balneum Arcus; Balneum Raynerii; Balneum de Scrofa; Balneum de Sancta Lucia; Balneum de Cruce); distrutti per sempre anche i resti della villa di Cicerone chiamata Academia; scompare anche una grande sala termale romana, di forma circolare con sei finestre nella cupola, chiamata "Truglio"[14]; infine, il Lago Lucrino subisce un drastico ridimensionamento, riducendosi ad un decimo di quello che era stata la sua estensione in epoca romana, come appare ancora al giorno d'oggi.


Geologia e aspetto attuale


Il Monte Nuovo è situato ad occidente di Arco Felice, una frazione di Pozzuoli, fra il cono vulcanico del Lago d'Averno, il bacino del Lago Lucrino ed il mare.

Si tratta di un piccolo vulcano di forma circolare alquanto regolare.

Mentre il fondo piano della sua caldera si attesta a 13,3 m s.l.m., l'orlo del suo cratere invece è posto a diverse quote proprio per la sua storia eruttiva.[15]

Notoriamente la fine di un'eruzione vulcanica è caratterizzata dal collasso centrale dell'edificio vulcanico, che, non più sostenuto dalla forza dei gas e dell'eruzione, porta alla formazione della caldera. Ebbene, il Monte Nuovo avendo avuto sostanzialmente due eruzioni (quella dal 29 settembre al 3 ottobre; e quella finale del 6 ottobre) presenta in effetti due caldere: quella più ampia, tipica di un vulcano, in posizione centrale; e poi una seconda più piccola, meno appariscente, in posizione decentrata, riconoscibile a sud, simile ad un'ampia nicchia naturale lungo le pendici meridionali, in corrispondenza della quale l'orlo del cratere si presenta ribassato, simile ad una sella. Essa è coperta parzialmente dalla pineta, mentre nella parte dove essa appare piuttosto brulla, tuttora si sprigionano delle fumarole.
Mentre la cima più alta del cratere, posta a ridosso della sella, raggiunge quota 133 m s.l.m. e l'orlo di tutto il cratere si attesta a circa 100 ms.l.m., la sella invece è a 84 m.
Il vulcano ha alla sua base un diametro di circa 1.200 m; all'orlo invece il diametro del cratere è di 375 m.

Dal punto di vista strettamente geologico, il Monte Nuovo è formato da trachiti fonolitiche iperalcaline. Vi sono pomici e ceneri (di colore chiaro, biancastre o grigie) in depositi parzialmente litificati, provenienti soprattutto dall'attività di ricaduta aerea. Infine vi sono scorie di lancio, localmente saldate (di colore nero), riferibili all'attività eruttiva finale, che si ritrovano soprattutto lungo le pendici meridionali ed ancora quelle orientali del vulcano.


Escursione sul vulcano



Percorsi


Il sentiero nella pineta (tratto iniziale)
Il sentiero nella pineta (tratto iniziale)
Il sentiero principale allo slargo della sella sull'orlo del cratere
Il sentiero principale allo slargo della sella sull'orlo del cratere

Per salire sul Monte Nuovo bisogna arrivare ad Arco Felice, frazione del comune di Pozzuoli. Dalla strada principale alberata dell'abitato si distacca un diverticolo carrozzabile che sale su fino all'ingresso dell'Oasi Naturalistica di Monte Nuovo.
Parcheggiata l'auto sullo slargo, si passa il cancello d'ingresso, subito a destra del quale vi è una scala in muratura che conduce al sentiero che porterà al cratere.

Il sentiero a gradini si snoda dapprima nella pineta, per sboccare ben presto in una larga stradicciola sterrata fiancheggiata da muretti in tufo, che dopo poco giunge alla sella dell'orlo del cratere. Da qui, attraverso la pineta, è possibile godere delle prime vedute panoramiche del Golfo di Pozzuoli in direzione di Baia, mentre pochi metri più avanti vi è un affaccio all'interno della caldera del cratere.

Il pendio brullo con le fumarole
Il pendio brullo con le fumarole
Alcune fumarole
Alcune fumarole
Il sentiero principale sull'orlo del cratere
Il sentiero principale sull'orlo del cratere

Dallo slargo della sella è possibile intraprendere diverse direzioni:

Il ripido sentiero sassoso che in via diretta porta dalla cima del cratere alla sella
Il ripido sentiero sassoso che in via diretta porta dalla cima del cratere alla sella

Dalla cima più alta del Monte Nuovo, per ritornare indietro si può ripercorrere all'inverso il sentiero principale per il quale si era venuti; oppure (se si calzano scarpe con una buona tenuta) si può discendere per il sentiero diretto, ripido ma non pericoloso, benché disseminato di sassi e talora scavato dalle acque meteoriche, che in pochi minuti porta allo slargo della sella del cratere.


"Archeologia" sul Monte Nuovo


Il palmento: veduta generale
Il palmento: veduta generale
Il versatoio in pietra lavica nella parete destra
Il versatoio in pietra lavica nella parete destra

Benché l'eruzione non abbia avuto grandi conseguenze oltre il suo modesto raggio di azione, in loco essa è stata altamente distruttiva. Pertanto è impensabile sperare di poter ritrovare intorno al vulcano qualche resto della famosa villa di Cicerone chiamata "Cumanum" oppure i ruderi dello sfortunato villaggio medievale di Tripergole.
Ciò non di meno il Monte Nuovo non manca di offrire ai visitatori alcuni ruderi "archeologici", benché cronologicamente molto più recenti, inquadrabili nella sua storia cinquecentenaria.

Percorrendo il sentiero principale sull'orlo del cratere, a metà strada circa, presso degli alti pini, si incontrano i modesti ruderi di un piccolo palmento: attraverso una soglia si accede ad un semplice ambiente quadrangolare, con un banco in muratura (una cucina?) posto a destra dell'ingresso, seguito da una nicchia rettangolare, quasi certamente un armadietto a muro, mentre nella parte bassa della parete stuccata di bianco figura murato un grosso versatoio cilindrico in pietra lavica; alle sue spalle (lungo l'attuale sentiero) vi sono i resti affiancati di due tini in muratura, simili a piccole cisterne, di cui uno rettangolare e l'altro circolare, dove venivano pigiate le uve, il cui mosto, defluendo attraverso il versatoio in pietra, veniva raccolto nel vicino ambiente quadrato. Anche se non vi sono indizi cronologici più precisi su questo palmento, con buona approssimazione l'edificio si può collocare nel XVII-XVIII secolo, epoca in cui il Monte Nuovo era parzialmente coltivato a vigneto, come testimoniano ancora i resti di opere di terrazzamento riconoscibili lungo le pendici del vulcano, soprattutto quelle interne della cima più alta.

Sulla cima più alta del cratere, infine, fra la vegetazione si riconoscono i resti in muratura di una costruzione circolare, seminterrata, costruita con blocchetti di tufo quadrati. Data la sua posizione strategica, e data la tecnica muraria non dissimile da altre esistenti in cima al Capo Miseno, con ogni probabilità si tratta di una postazione destinata alla difesa antiaerea, approntata durante l'ultimo conflitto mondiale.


Flora e vegetazione


Colutea con infruttescenze (maggio), lungo il sentiero sull'orlo settentrionale del cratere
Colutea con infruttescenze (maggio), lungo il sentiero sull'orlo settentrionale del cratere
Lentisco con infruttescenze (marzo), in cima al cratere
Lentisco con infruttescenze (marzo), in cima al cratere

Il Monte Nuovo, visto anche da lontano, si caratterizza principalmente per la pineta[16], che - piantata nel 1930 - lo ricopre in buona parte verso meridione. La roverella è presente soprattutto sulle pendici occidentali, mentre all'interno della caldera nella sua parte più ombrosa ed umida (a sud) vi è una rigogliosa lecceta.
Per altri versi, il Monte Nuovo è un luogo privilegiato dove poter riconoscere le tipiche piante che caratterizzano la macchia mediterranea.

Tra le numerose piante, sono state riconosciute:

Altre piante riscontrate:


Galleria d'immagini



Note


  1. Global Volcanism Program - Eruptive History, su volcano.si.edu.
  2. Le testimonianze non sono del tutto coerenti nei dettagli: Delli Falconi ci dice che "nel giorno innanzi che apparve tale incendio, tra la notte e 'l giorno furono sentiti nelli predetti luoghi, tra grandi e piccioli, più di venti terremoti"; Simone Porzio invece attesta che "nel 26 e 27 settembre la terra fu continuamente e di giorno e di notte tutta commossa"; mentre Del Nero sostiene addirittura che "dieci di' avanti i terremoti qui ne sentirno dieci per ora, e a Pozzolo non cessarono mai la terra di tremare".
  3. per esempio Delli Falconi e Marchesino usano indicare i giorni della settimana; il Toleto invece numera i giorni considerando il primo giorno dell'eruzione non il 29 settembre quando essa ebbe inizio (poiché era sera), bensì il giorno dopo, il 30 settembre,
  4. nel ‘500 in Italia era ancora in vigore la suddivisione cronologica del giorno in uso presso i Romani, basata sulle ore di luce: il giorno e la notte venivano ambedue suddivisi in dodici parti, cominciando rispettivamente dall'alba e dal tramonto. Così la prima ora del giorno corrispondeva all'alba, la sesta ora più o meno a mezzogiorno, la dodicesima al tramonto. Altrettanto avveniva per la notte ma a partire dal tramonto. La giornata di 24 ore cominciava dunque all'alba e terminava all'alba del giorno successivo. Questo sistema verrà cambiato progressivamente solo nella seconda metà del Settecento ed infine imposto dai francesi: così solo a partire dal XIX secolo il giorno diventerà di 24 ore con inizio a mezzanotte. In quest'ottica quindi vanno tradotte e ricomprese tutte le indicazioni temporali che ci vengono date dai nostri cronisti cinquecenteschi relative all'eruzione del Monte Nuovo. Quando essi ci testimoniano che l'eruzione ebbe inizio all'ora seconda della notte del 29 settembre (se consideriamo che nel Golfo di Napoli il 29 settembre il sole tramonta alle ore 17:51 ora solare), essa corrisponde all'incirca alle ore 20:00 (e non alle ore 2:00 di notte come viene affermato e come sembrerebbe di primo acchito).
  5. questa misura, data da Antonio Parascandola, quasi certamente è eccessiva. Il Parascandola - cui va il merito di aver ricostruito nel modo più preciso tutto lo svolgimento dell'eruzione del Monte Nuovo (vedi sotto: bibliografia) — qui probabilmente erra, poiché attribuisce il ritiro del mare di 370 m (attestato dai cronisti) alla linea di costa puteolana, mentre in realtà si riferisce alla conca naturale che attualmente accoglie il lago Lucrino, e che nel 1538, prima dell'eruzione, si presentava come una baia marina (vedi più sotto: nota 12).
  6. Lorenzo Giustiniani, "I tre rarissimi opuscoli di Simone Porzio, di Girolamo Borgia e di Marcantonio Delli Falconi Scritti in occasione della celebre eruzione avvenuta in Pozzuoli nell'anno 1538", Napoli 1817.
  7. Guidoboni G. e Ciuccarelli C. (2011), The Campi Flegrei caldera: historical revision and new data on seismic crises, bradyseisms, the Monte Nuovo eruption and ensuing earthquakes (twelfth century 1582 AD), in: Bulletin of Volcanology, 73, 6, pp. 655-677, DOI: 10.1007/s00445-010-0430-3. [https://link.springer.com/article/10.1007/s00445-010-0430-3
  8. non è chiaro qui a quale monte si riferisca il Del Nero. Annibal Caro nelle Lettere Familiari accenna a Monte Ruosi, come pure Benvenuto Cellini nella sua Autobiografia, ma si tratta del comune di Monterosi in provincia di Viterbo. In ogni caso il riferimento che dà Del Nero "... la terra (...) era alta quanto Monte Ruosi, cioè quanto quel Monte dove è quella torretta" è un riferimento ad un luogo imprecisato in Italia a noi ignoto, ma ben conosciuto dal destinatario della lettera, Niccolò del Benino, che a quanto pare vi si recava con una certa frequenza, tanto da meritare di essere citato da Del Nero come confronto.
  9. è singolare che il Marchesino riferisca al cantaro una misura di volume, mentre in realtà si tratta di una misura di peso corrispondente a 32,075 kg; e difatti poi male si adatta ai massi scaraventati in aria dalla forza dell'eruzione, che lo scrittore si affretta a precisare essere leggeri trattandosi di pietra pomice. Comunque è ancora più singolare il fatto che di queste grandi pietre pomici eruttate (per Marchesino grosse un cantaro; per il Toleto grandi quanto un bue), fino al giorno d'oggi non se ne sia trovata traccia né all'interno della caldera, né all'esterno del Monte Nuovo.
  10. forse Simone Porzio? Il fatto che il Viceré si facesse accompagnare da filosofi per farsi illustrare il fenomeno non deve sorprenderci, poiché i filosofi, in quanto letterati che avevano una vasta cultura, erano in grado di spiegare anche un fenomeno prettamente scientifico; e difatti il Marchesino precisa che essi avrebbero riferito al Viceré che "questo caso trovasi posto in Aristotile".
  11. dalle testimonianze di Marchesino e di Delli Falconi si ricava che durante le fasi più acute dell'eruzione i materiali piroclastici grossi raggiunsero le punte estreme del golfo di Pozzuoli - da un lato Nisida, e dall'altro Miseno - ricoprendo così una superficie marina di più di 30 km².
  12. la misura corrisponde alla profondità della conca pianeggiante nella quale attualmente è situato il Lago Lucrino; difatti l'attuale linea di costa dista dal Monte della Ginestra (corrispondente alla dorsale esterna dell'Averno) 700 m, e dall'imbocco nel Lago d'Averno 900 m. Dunque il ritiro del mare notato dal Marchesino non riguarda la linea di costa, bensì è da intendersi quale prosciugamento dell'anfiteatro naturale che al giorno d'oggi accoglie il Lago di Lucrino, conca che nel 1538 aveva ancora l'aspetto di una insenatura marina. Difatti il Marchesino ci dice in inizio di lettera che "se amuntuò la pianezza della marina de Tripergoli per dui miglia o poco meno", e Del Nero ci dà conferma di questo dove egli afferma nella sua lettera che "era bel fuoco che si era levato in capo tanta terra e tanta pietra (...), che dalla parte del mare empié un semicirculo di mare".
  13. al Marchesino il fondo della caldera durante l'eruzione non appariva piano come è al giorno d'oggi, ma imbutiforme; in questo egli si differenzia nettamente dal Toleto che invece vedeva ribollire pietre in fondo alla caldera come in un pentolone. La differenza nelle due descrizioni si può spiegare con i differenti giorni di visita e i diversi momenti dell'attività vulcanica.
  14. di questo edificio, che viene detto simile a quello di Baia seppure di dimensioni minori, abbiamo una planimetria disegnata da Giuliano da Sangallo, pubblicata da Huelsen "Il libro di Giuliano da Sangallo", vol. II, Lipsia 1910, f. 8. La didascalia del Sangallo recita: "Ale III Pergole, ed evi VI lumi nela volta".
  15. I Campi Flegrei sono alla vigilia (in termini geologici) di una violentissima eruzione, in Business Insider Italia, 15 novembre 2018. URL consultato il 16 novembre 2018.
  16. tra il 2003 e 2018 la pineta è andata completamente distrutta. Dapprima per il Bostrico che, attaccando numerose piante e diffondendosi viepiù, ha portato progressivamente a morte i pini in diverse aree del vulcano. Poi ripetuti incendi dolosi appiccati a più riprese fra gli anni 2014 e 2017 hanno distrutto numerose piante sui versanti meridionale ed orientale. Infine negli anni 2017-2019 gli ultimi pini sopravvissuti non sono riusciti a scampare alla cocciniglia esotica, la Toumeyella parvicornis che, imperversando in tutta la provincia di Napoli, ha sterminato le pinete ed alberate storiche che da secoli facevano parte del paesaggio di Napoli (Parco della Rimembranza, Piazzale Tecchio, Ippodromo di Agnano, ecc.) e zone limitrofe (ingresso scavi di Pompei, Regi Lagni, ecc.).

Bibliografia



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[de] Monte Nuovo

Der Monte Nuovo (italienisch: „Neuer Berg“) ist ein westlich von Neapel auf dem Gemeindegebiet von Pozzuoli gelegener Vulkankegel.

[en] Monte Nuovo

Monte Nuovo ("New Mountain") is a cinder cone volcano within the Campi Flegrei caldera, near Naples, southern Italy. A series of damaging earthquakes and changes in land elevation preceded its only eruption, during the most recent part of the Holocene, which lasted from September 29 to October 6, 1538, when it was formed.[2] The event is important in the history of science because it was the first eruption in modern times to be described by a large number of witnesses.[3] The eruptive vent formed next to the medieval village of Tripergole on the shores of the then-much larger Lake Lucrino. The thermal bath village, which had been inhabited since ancient Roman times and was home to notable Roman-era buildings including Cicero's villa, was completely buried by ejecta from the new cinder cone. Tripergole's ruins and its important thermal springs completely disappeared under Monte Nuovo such that the exact location of the village can no longer be identified.[4]

[es] Monte Nuovo

El Monte Nuovo es un volcán que se encuentra en la zona de los Campos Flégreos cerca de Nápoles.

[fr] Monte Nuovo

Le monte Nuovo est un volcan italien apparu en 1538 dans les champs Phlégréens au cours de son unique éruption, faisant de lui un volcan monogénique.
- [it] Monte Nuovo



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