Il lago di Lucrino è un bacino naturale della città metropolitana di Napoli, situato sulla costa dei Campi Flegrei, a poca distanza dal lago d'Averno. Si è formato in epoca antica a seguito del moto ondoso del mare che, apportando progressivamente della sabbia, ha col tempo chiuso un'insenatura naturale con un istmo[1] [2].
Lago di Lucrino | |
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Coordinate | 40°49′46″N 14°04′49″E |
Dimensioni | |
Superficie | 0,095 km² |
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Il nome Lucrino deriva dal latino lucrum (lucro, guadagno, profitto) per gli allevamenti di pesci e soprattutto di ostriche che intorno all'anno 90 a.C. vi aveva installato il senatore romano Sergio Orata, divenendo in breve tempo uno degli uomini più ricchi dell'epoca.
Nel I secolo a.C. a causa del moto bradisismico discendente, irrompendo le onde del mare nel lago e danneggiandone gli impianti, gli allevatori richiesero al Senato Romano di intervenire; le opere di restauro e di soprelevazione dell'istmo che separava il lago dal mare (Via Herculea) furono realizzate da Giulio Cesare, e magnificate da Virgilio[3].
Gli allevamenti di pesci e ostriche, molto redditizi, proseguirono per tutto il periodo dell'impero romano, come attestano le famose fiaschette vitree puteolane di IV secolo, sulle cui pareti sono rappresentati i principali monumenti della costa che va da Pozzuoli fino a Miseno[4]. In modo particolare le fiaschette conservate a New York, Varsavia e Ampurias mostrano gli impianti di allevamento delle ostriche quali reticoli di palafitte realizzati con pali lignei, ai quali sono sospesi delle corde che - come delle collane - presentano infilate delle ostriche; la scritta OSTRIARIA che vi è associata, non lascia ombra di dubbio su quanto vi è rappresentato.
Il sottile istmo che separa il lago di Lucrino dal mare, secondo il mito, venne attribuito a Eracle che l'avrebbe creato quando dal remoto occidente condusse in Grecia i buoi che aveva rubato al mostruoso Gerione. Sull'istmo fu successivamente costruita una strada che, in ricordo dell'eroe, fu chiamata Via Herculea o Via Heraclea o Via Erculea (da non confondersi con la via Herculea che percorre longitudinalmente l'Appennino).
Nel I secolo a.C., venendo la via Herculea invasa dalle onde marine, Giulio Cesare ne curò il restauro soprelevandola.
Nel 37 a.C. Agrippa tagliò l'istmo carrozzabile per permettere alle navi di accedere nel bacino del lago Lucrino trasformato temporaneamente in porto militare, e ricollegando i due tronconi di strada con un ponte ligneo mobile.
La strada carrozzabile che oggi passa sull'istmo fra il mare e il Lago Lucrino non corrisponde minimamente al tracciato dell'antica via Herculea. Infatti, per effetto del bradisismo la via Herculea è attualmente sommersa nel mare a 3,50 - 4,00 metri di profondità, situandosi parallelamente alla costa di Lucrino a 350 - 500 metri più al largo. L'antica via è perfettamente riconoscibile su fotografie aeree, in giorni di mareggiata, oppure eseguendo delle immersioni.
Nel 37 a.C., nel corso della guerra navale che vide contrapporsi Ottaviano a Sesto Pompeo, Marco Vipsanio Agrippa a sostegno di Ottaviano installò nel Lago d'Averno e nella parte destra del lago Lucrino un porto militare, Portus Julius[5], mentre gli allevamenti ittici proseguivano nella metà sinistra del lago. Per permettere alle navi di accedere nel bacino, egli tagliò l'istmo carrozzabile della Via Herculea, realizzando un canale di ingresso di 300 m formato da due lunghi muri paralleli, che veniva scavalcato da un ponte ligneo mobile che garantiva la percorribilità dell'istmo[6]. Il Portus Julius ebbe vita breve nel Lucrino, in quanto che il bacino, essendo poco profondo e andando soggetto a insabbiamento, risultò ben presto inadatto alle pesanti navi da guerra. Infatti già nel 12 a.C. la flotta militare imperiale venne trasferita a Miseno, mentre gli impianti portuali nel lago Lucrino continuarono a essere utilizzati per scopi civili e commerciali.
Il Lucrino fu un lussuoso luogo di villeggiatura dell'epoca romana che, rientrando fra gli insediamenti costieri particolarmente amati dai Romani per l'amenità dei luoghi, vide sorgere lungo tutta la costa[7] magnifiche ville e dimore di soggiorno di personaggi di rango dell'epoca, in un continuum che andava da Puteoli a Baiae, a Misenum.
Oltre al già citato Sergio Orata, ebbe una villa che si affacciava sul Lucrino Marco Tullio Cicerone, villa da lui chiamata Cumanum o Academia, famosa fin dall'antichità poiché ospitò le spoglie dell'imperatore Adriano, morto nel 138 in uno dei palazzi imperiali nella vicina Baia. Dopo la morte di Cicerone, la villa passò di proprietà ad Antistio Vetere il quale, eseguendovi dei lavori di ristrutturazione, vi rinvenne una sorgente di acqua termale, cui accenna Plinio, e che nel medioevo veniva ancora chiamata Balneum Ciceronis o Balneum Prati e utilizzata a fini curativi[8].
Il Lucrino ha visto sgorgare intorno al suo bacino la massima concentrazione di fonti di acque termali. Esse sono attestate sia dai resti di impianti termali di epoca romana, tuttora riconoscibili intorno al suo specchio d'acqua, sia dal catalogo che nel XIII secolo compilò Pietro da Eboli (vedi più sotto).
Molte delle sorgenti termali esistenti in epoca romana e utilizzate nel medioevo a fini terapeutici, sono andate irrimediabilmente distrutte nel 1538 a seguito dell'eruzione del Monte Nuovo.
Il lago Lucrino fu chiamato in antico anche "Acherusio" perché si credette di identificarvi la Acherusia palus (nome attribuito più spesso al lago Fusaro), così come si presunse che il lago potesse essere identificato con i fiumi infernali Cocito o Piriflegetonte. La prossimità col lago d'Averno, del resto, considerato nell'antichità l'ingresso agli Inferi, rendeva evidentemente "sospetta" tutta l'area, ed eventuali fenomeni fisici inconsueti potevano far sorgere leggende e favole. Virgilio narra infatti di presunti fenomeni di ebollizioni, forse fuoriuscite, se non magmatiche, probabilmente sulfuree.
Connessa all'idea che la zona avesse a che fare con il regno dei morti, abbiamo la testimonianza da un lato di Plinio[9] che ci parla di una città Cimmera collocata fra il lago di Lucrino e il lago d'Averno; dall'altro abbiamo Strabone[10] che - riferendo Eforo - precisa che i Cimmeri vivevano in case sotterranee collegate fra di loro da gallerie, dove essi accoglievano anche gli stranieri che venivano sul posto per interrogare l'oracolo dei morti situato sotto terra (nekyomanteìon chthònion), e che proprio grazie all'oracolo essi traevano parte del loro sostentamento (pare con una tariffa per le consultazioni fissata dal loro re; ma - come è facile intuire - molto probabilmente anche nutrendosi di parte delle carni degli animali sacrificati agli inferi).
Il lago di Lucrino fu inoltre teatro di un notissimo racconto di Plinio il Vecchio[11] circa un delfino che, all'epoca di Augusto penetrò nel lago. Un bambino che soleva passare di lì per andare a scuola, avendolo notato, prese l'abitudine ogni giorno di chiamarlo, dandogli da mangiare la merenda che portava con sé. Fra i due nacque una grande amicizia, a tal punto che il delfino lo faceva montare in groppa, per portarlo sul suo dorso fino a scuola a Baia e, più tardi tornare a prenderlo per riportarlo a casa sua a Pozzuoli. Questo durò per diversi anni, fino a quando un giorno il bambino non si ammalò e infine morì. Il delfino però continuava a venire ogni giorno nel luogo consueto ad attendere invano che il bambino arrivasse, finendo per intristirsi sempre di più, fino a quando non morì anche lui, di crepacuore.
Si tratta forse, in termini moderni, della prima leggenda metropolitana, il cui tema del fanciullo a cavallo di un delfino era abbastanza diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, ma che Plinio volle localizzare nel lago Lucrino.
Nella letteratura antica il Lucrino si ritrova anche in Orazio, Marziale, Properzio e Virgilio.
In epoca altomedievale, nella prima metà del IX secolo i Campi Flegrei subirono la loro massima sommersione marina dovuta al bradisismo negativo. A Pozzuoli le colonne marmoree dell'antico mercato romano chiamato "Tempio di Serapide" vennero intaccate dai litodomi fino a un'altezza di 6,30 m dal piano pavimentale. Seppure non sia attestato da fonti scritte, è chiaro tuttavia che in questa epoca il lago di Lucrino non esisteva più, essendo completamente sommerso dal mare.
Nel 1341 giungevano a Napoli alla corte del re angioino Roberto d'Angiò, sia il Petrarca sia il Boccaccio. Il Boccaccio, visitando la zona flegrea con allegre brigate della corte angioina, notava che il mare agitato irrompeva nel lago d'Averno; dunque nel XIV secolo il lago Lucrino era ancora del tutto annullato dalla sommersione bradisismica, seppure l'area flegrea stesse progressivamente riemergendo. Ancora nel '500 il Lucrino risultava sommerso dal mare e appariva come una profonda insenatura marina che raggiungeva l'imboccatura del lago d'Averno, baia sulla quale si affacciava il villaggio di Tripergole.
A seguito dell'opera di Pietro da Eboli, il De Balneis Puteolanis (o il De Balneis Terrae Laboris), scritta nel XIII secolo alla corte di Federico II di Svevia, gli Angioini incoraggiarono la popolazione all'uso delle sorgenti flegree a fini terapeutici. Sul lago Lucrino, presso una piccola collinetta di tufo (chiamata Monticello del Pericolo) su cui essi avevano edificato un castello, sorse ben presto un villaggio chiamato Tripergole. Esso si sviluppò dove più numerose si addensavano le fonti e gli impianti termali romani, proprio a seguito dell'afflusso dei numerosi malati. Il villaggio, oltre ad avere un certo numero di case, aveva una chiesa nel castello (dedicata allo Spirito Santo e a Santa Marta) mentre nel villaggio vero e proprio vi era una seconda chiesa dedicata a Santa Maddalena, un ospedale con circa 30 letti fatto costruire da Carlo II d'Angiò con annessa una farmacia, e poi tre osterie per i forestieri, e infine una casina di caccia reale, e una cavallerizza. Nella costruzione dell'ospedale fu coinvolto anche l'architetto e scultore Gagliardo Primario.
Il 29 settembre 1538, dopo una serie di fenomeni precursori (terremoti; ritiro del mare a seguito di una imponente sollevazione del suolo; boati sotterranei; ecc.) con una eruzione vulcanica durata appena 5 giorni, sorge ex novo il Monte Nuovo. L'eruzione cambia totalmente la topografia del luogo: cancella completamente il villaggio di Tripergole con tutti i suoi edifici civili, religiosi e militari; scompare il Monticello del Pericolo; vengono totalmente distrutte le antiche sorgenti termali, e sepolti i rispettivi impianti di epoca romana che si trovavano presso il villaggio (da Pietro da Eboli chiamate: Balneum Ciceronis o Balneum Prati; Balneum Tripergula; Balneum Arcus; Balneum Raynerii; Balneum de Scrofa; Balneum de Sancta Lucia; Balneum de Cruce); distrutti per sempre anche i resti della villa di Cicerone chiamata Academia; scompare anche una grande sala termale romana, di forma circolare caratterizzata da sei finestre nella cupola, chiamata "Truglio"[12]; e infine, il lago Lucrino subisce un drastico ridimensionamento, riducendosi a un decimo di quello che era stata la sua estensione in epoca romana; così come appare ancora al giorno d'oggi.
Probabilmente nei mesi (o negli anni) successivi all'eruzione il suolo ridiscese progressivamente: secondo alcuni ritornando alla quota che aveva nel 1530; secondo altri abbassandosi di circa 3 m.
Una tavola conservata al Museo di San Martino a Napoli (edita da E. Duchetti a Roma nel 1586) che ritrae una veduta generale a volo d'uccello dei Campi Flegrei da Posillipo fino a Cuma, mostra un Lucrino praticamente inesistente, forse per la quota a cui il lago venne a trovarsi a seguito dell'eruzione, da supporre di diversi metri al di sopra del livello del mare.
Oggi Lucrino è una frazione del comune di Pozzuoli, che comprende gli insediamenti abitativi intorno all'omonimo lago. Il paesino si caratterizza per piccoli condominii o eleganti villette con giardino, ora disseminati, ora addensati ai piedi del Monte Nuovo.
Seppure notevolmente ridotte rispetto all'epoca antica, tuttavia non mancano in zona sorgenti di acque termali. Ancora utilizzate e frequentatissime per relax e terapie sono le "Stufe di Nerone", situate ai piedi del Monte delle Ginestre, dove oltre agli impianti moderni per le immersioni, sono tuttora in uso alcune strutture di epoca romana quali gli ambienti voltati delle saune e una fangaia di forma circolare all'aperto. Vi è poi il "Lido Nerone – Lo scoglio" in riva al mare ai piedi del Monte Grillo, dove è possibile immergersi nelle acque bollenti in apposite vasche situate sulla spiaggia.
Un antico laconicum (sauna) realizzato dai Romani nella collina tufacea di Tritoli e conosciuto nel medioevo come Sudatorium Trituli o Sudatorium Magnum, situato al di sopra della galleria della Ferrovia Cumana, e consistente in alcune stanze rettangolari fornite di letti in tufo dalle quali si dipartono due profondi cunicoli che si addentrano per circa 80 m all'interno della montagna, è oggi occupato abusivamente da persone che, rifugiatesi qui durante il secondo conflitto mondiale per sfuggire ai bombardamenti, hanno deciso - una volta finita l'emergenza - di farne la loro dimora fissa[13], naturalmente riscaldata nei periodi invernali dalle calde esalazioni che tuttora si sprigionano in fondo ai cunicoli.
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