San Giorgio in Alga è un'isola della Laguna Veneta tra la Giudecca e Fusina di circa 1,5 ettari di superficie.
San Giorgio in Alga | |
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Geografia fisica | |
Localizzazione | laguna Veneta |
Coordinate | 45°25′29″N 12°17′32″E |
Superficie | 0,015113 km² |
Geografia politica | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Comune | ![]() |
Municipalità | Venezia-Murano-Burano (Venezia Insulare) |
Demografia | |
Abitanti | 0 |
Cartografia | |
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Come altre isole lagunari, San Giorgio in Alga fu sede di un monastero benedettino, fondato nell'XI secolo. Al 1144 risale la dedicazione della chiesa a san Giorgio martire, mentre la specifica "in Alga" si deve alle molte alghe che crescevano nelle acque circostanti. Verso il 1350 i benedettini furono sostituiti dagli agostiniani[1][2].
Nel 1397, quando nel monastero vivevano appena due religiosi (ma assicurava rendite elevate), papa Bonifacio IX lo diede in commenda a Ludovico Barbo, giovane patrizio avviato alla carriera ecclesiastica. Nel 1404 lo stesso pontefice accolse la sua iniziativa di ospitare nelle strutture monastiche una comunità di giovani consacrati che si era venuta a formare negli anni precedenti: venne così fondata la congregazione di San Giorgio in Alga cui aderirono personalità quali Antonio Correr, Gabriele Condulmer, Marino Querini e Lorenzo Giustiniani; il Barbo, dal canto suo, non entrò formalmente nella congregazione e restò priore dei monaci rimasti[1][3].
Questi eventi portarono nei decenni successivi alla ricostruzione degli edifici, ormai caduti in rovina: nel 1443 venne concluso il monastero, nel 1454 il campanile e nel 1458 la chiesa[1].
Nel 1668, a causa della decadenza morale a cui era andata incontro, papa Clemente IX soppresse la congregazione. Nel monastero si insediarono dapprima i frati paolotti, quindi i carmelitani scalzi. A questi si deve il rinnovamento del complesso (1690-1716), ma già nel 1717 esso venne distrutto da un incendio. Si provvide quindi a un'ulteriore ricostruzione (il progetto della chiesa è attribuito ad Andrea Tirali)[1]. Mantenne una certa importanza tanto che nel 1782 fu il luogo dove il Doge Paolo Renier accolse Papa Pio VI in visita allo Stato Veneto: Francesco Guardi venne incaricato di commemorare tale evento in un ciclo di dipinti [4].
Dopo la caduta della Serenissima, gli Austriaci adibirono parte del monastero a carcere politico e cominciarono a realizzarvi delle strutture militari. Passata Venezia a Napoleone, venne definitivamente chiuso durante le soppressioni del 1806: i frati furono spostati nel convento annesso alla chiesa di Santa Maria di Nazareth, la chiesa distrutta e le rimanenti strutture ridotte a polveriera[1].
Mantenne funzioni militari anche sotto le amministrazioni austriache e italiana. Ancora nel corso della seconda guerra mondiale ospitava un deposito e una batteria antiaerea, tanto che nel 1945 subì un bombardamento[1][2].
Nel 1961 il patriarcato di Venezia acquistò l'isola, ma nel 1973 ne fece dono al Comune di Venezia. Oggi è sostanzialmente abbandonata e i manufatti rimasti sono spesso preda di vandalismi[1]; frattanto, è in corso un dibattito sulle sue sorti[2].
Altri progetti
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