Il lago di Vico (dal latino Lacus Ciminus o Lacus Ciminius) è un lago di origine vulcanica dell'Italia centrale situato nella provincia di Viterbo. Esso vanta il primato di altitudine tra i grandi laghi italiani, con i suoi 507 m s.l.m.. È circondato dal complesso montuoso dei monti Cimini; in particolare, il lago è cinto dal monte Fogliano (965 m) e dal monte Venere (851 m).
![]() |
Questa voce o sezione sull'argomento Lazio non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.
|
Lago di Vico Cimino | |
---|---|
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Comune | ![]()
|
Coordinate | 42°19′N 12°10′E |
Altitudine | 507 m s.l.m. |
Dimensioni | |
Superficie | 12,93 km² |
Profondità massima | 48,5 m |
Profondità media | 22.2 m |
Idrografia | |
Origine | vulcanico |
Bacino idrografico | 40,95 km² |
Emissari principali | Rio Vicano |
Modifica dati su Wikidata · Manuale |
Per le sue peculiari caratteristiche naturali, il comprensorio Vicano è incluso tra le aree di particolare valore naturalistico del Lazio e tra i biotopi di rilevante interesse naturalistico in Italia. Dal 1982 è area protetta appartenente alla Riserva naturale Lago di Vico e per tale motivo si è salvato dalla speculazione edilizia. Sono pochissime le abitazioni che si affacciano sul lago; esiste solo una piccola zona residenziale che è stata realizzata negli anni '60-'70, Punta del Lago, che ricade nel comune di Ronciglione. Dal 1995 è stato individuato come SIC (Sito d'Importanza Comunitaria) e da dicembre 2016 è stato dichiarato ZPS (Zone di Protezione Speciale).[1]
Ricadono nell'area altri due SIC e due ZPS per l'avifauna: dal 1995 Monte Fogliano e Monte Venere sono riconosciuti sito di importanza comunitaria e dal 1999 zona di protezione speciale.[2]
Il lago e la riserva naturale sono molto frequentati, soprattutto in estate, da turisti locali, nazionali ed internazionali. Le attività preferite sono la balneazione e l'escursionismo. Sono infatti presenti stabilimenti balneari, ristoranti ed aree picnic.[3] Sono anche proposti e segnalati itinerari per fare camminate e trekking.[4]
Sul versante nord-occidentale del lago, nelle vicinanze della SP 39 è presente una rampa per il decollo di deltaplani e parapendii. È frequentata anche dai turisti grazie all'eccellente vista sul lago, sul monte Venere e sul monte Fogliano.[5]
Incerta è l'origine del nome: potrebbe trarre origine dalla località di Vicus Matrini, importante centro che sorgeva sulla via Cassia a circa tre chilometri da esso, toponimo che appare anche sulla Tabula Peutingeriana, o da un piccolo Vicus sorto in età romana sui margini meridionali del bacino lacustre, Vicus Elbii[6], che risultava scomparso già dall'età altomedievale. L'area vicana era attraversata da un'importantissima arteria stradale, alternativa alla Via Cassia romana, detta "via Ciminia", il controllo della quale portò prestigio e ricchezze dapprima alla potente famiglia dei Prefetti di Vico tra XII e inizio del XV secolo, e poi ai Farnese durante il secolo XVI. Il tracciato attraversava il borgo omonimo, sovrastato da un'altura su cui sorgeva la fortificazione della famiglia dei Prefetti di Vico, che da quella località prese il nome[7]
Secondo la leggenda il lago ebbe origine dalla verga di ferro che Ercole infisse nel terreno per dimostrare la propria forza, sfidato gli abitanti del luogo; nessuno riuscì a rimuoverla. Quando l'eroe lo fece, sgorgò un enorme getto d'acqua che andò a riempire la valle, formando così il lago.
Il lago di Vico è in realtà il risultato di una serie di lunghe e potenti fasi di attività vulcanica, succedutesi tra 400.000 e 93.000 anni fa e scaturite da diversi centri di origine: per questo la sua caldera ha una forma "policentrica". Il lago ha avuto origine dopo la cessazione delle fasi vulcaniche, intorno a circa 90.000 anni, fa in seguito al riempimento della caldera vulcanica mediante le piogge e le nevi delle fasi glaciali.
Il rio Vicano è l'originale emissario che dal lago di Vico scendeva a valle verso il fiume Treja fuoriuscendo dal punto in cui la cinta calderica è meno elevata. In un momento non conosciuto dell'età romana, le acque furono fatte confluire nel Rio Vicano tramite una conduttura artificiale, poi riattivata nel XVI secolo con una serie di interventi fatti realizzare dai Farnese. Alcuni studiosi hanno supposto che il livello del lago sia stato abbassato sin dall'età etrusca, ma l'evidenza archeologica al momento è quella presente nell'emissario farnesiano, recentemente esplorato dal personale della Riserva assieme a membri della Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana: un sorprendente tunnel scavato nel tufo in età romana dall'andamento irregolare (per diminuire la pressione di uscita). Il condotto, la cui volta è sostenuta da ricorsi di mattoni, riceve le acque da una chiusa risalente all'età dei Farnese, percorre circa 400 metri per uscire dal lato opposto del costone della montagna, nella forra del Rio Vicano appunto. Le acque dell'emissario, da un paio d'anni sotto la soglia per le scarsissime precipitazioni, fuoriescono dal lago tramite una galleria artificiale a sezione circolare costruita negli anni '90 dello scorso secolo.
Sin dall'antichità la costruzione dell'emissario ha permesso un ingente abbassamento del livello delle acque, trasformando parte del lago, e soprattutto tutta la zona Nord della caldera (le cosiddette "Pantanacce") in un territorio fertile. La geografia del lago che possiamo vedere oggi è dunque diversa da quella originaria: il monte Venere, nato a seguito dell'ultima fase di attività del vulcano vicano (terminata 90.000 anni fa) che ora sorge nella parte settentrionale della conca dandole la caratteristica forma "a ferro di cavallo", era probabilmente una sua isola e la superficie dello specchio d'acqua era quasi doppia di quella oggi misurabile. Il tunnel di emissione è stato ristrutturato nel 2001 con la costruzione di una complessa regolazione elettroidraulica della portata d'acqua gestita, dall'ARDIS della Regione Lazio.
![]() | Lo stesso argomento in dettaglio: Riserva naturale Lago di Vico. |
Sin dal 1982, con la legge regionale L.R. 47, 28.09.82, il lago di Vico e la zona umida circostante sono stati dichiarati riserva naturale parziale, e tutelati come area naturale protetta. Nel 2008 la Riserva è stata estesa anche al territorio amministrato dal Comune di Ronciglione, arrivando quindi a comprendere l'intera caldera vulcanica.
Foreste di faggi, estese cerrete, canneti, spiagge, coltivi: un territorio ricco di ambienti diversi fra loro consente lo sviluppo di diverse specie vegetali e di molte specie animali. L'ittiofauna, favorita dalla buona qualità delle acque, comprende specie autoctone (il luccio e la tinca) e specie alloctone (il coregone, il persico reale e l'agone). Numerosi gli anfibi come la rana verde, la raganella, il rospo comune e quello smeraldino; tra i rettili la natrice dal collare, la testuggine comune e il colubro d'Esculapio.
Tra i mammiferi, scomparsa da non molti anni la lontra, sono presenti la volpe, il tasso, il cinghiale, la martora, la puzzola e, sempre più raro, il gatto selvatico. L'elemento di maggiore interesse e di richiamo per i visitatori appassionati di natura è costituito dall'avifauna, assai varia data la presenza di ambienti diversi come il bosco, la palude, i prati umidi, i coltivi e lo specchio d'acqua.
Sulle sponde o sul pelo dell'acqua sono osservabili molti uccelli acquatici, dalle folaghe, agli anatidi come il moriglione, la moretta, il germano reale, il fischione, la canapiglia, l'alzavola. Tra le altre specie lo svasso maggiore, simbolo della Riserva, gli aironi bianchi, quelli cinerei, la garzetta, il tarabusino, il porciglione, la sgarza ciuffetto, lo svasso piccolo e gli storni che a migliaia passano le notti invernali sui salici della ripa e sui canneti. I rapaci annoverano il lanario (Falco biarmicus), il nibbio bruno, lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco di palude, il falco pellegrino.
Nei boschi vivono rapaci notturni come il barbagianni, l'allocco, il gufo comune, la civetta, l'assiolo. Nel fitto dei boschi vivono anche picchi, ghiandaie, fringuelli, cinciarelle, upupe, scriccioli.
Il lago è balneabile così come risulta dai dati dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio, che ha diffuso i dati storici della balneazione del periodo 2006-2011[8], 2012-2013[9] e per l'anno 2014[10]. Gli ultimi dati disponibili (luglio 2018) sono legati ai prelievi e alle successive analisi effettuate dalla Goletta Verde di Legambiente che non hanno evidenziato livelli di inquinamento delle acque. L'acqua del lago, data la composizione vulcanica dei suoli, presenta valori di arsenico che ne rendono necessaria la depurazione prima che venga immessa nella rete idrica dei centri vicini. Le cianotossine prodotte da alcune alghe, in particolare dalla Phlantotrix rubescens, le cui fioriture algali sono state favorite dalle sostanze usate per concimare i terreni agricoli, negli ultimi anni non mostrano livelli che destano preoccupazione. [11]
Altri progetti
Controllo di autorità | VIAF (EN) 245923137 |
---|
![]() |