La pietra Parcellara è una montagna dell'Appennino ligure situata in val Trebbia, sul confine tra i comuni di Bobbio, a cui appartiene il versante sud-occidentale, e Travo, a cui appartiene il versante nord-orientale, in provincia di Piacenza.
Pietra Parcellara | |
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Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Altezza | 836 m s.l.m. |
Catena | Appennino ligure |
Coordinate | 44°50′38.69″N 9°28′32.41″E |
Mappa di localizzazione | |
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Ofiolite di serpentino nero, pur se non particolarmente alto (836 m s.l.m.), domina le colline circostanti da cui sporge bruscamente staccandosi per morfologia, colore e imponenza. Insieme alla vicina Pietra Perduca, fa parte del sito SIC-ZSC della Pietra Parcellara e Pietra Perduca[1]. Permette, dalla sua cima, una visione panoramica della valle della Dorba di Bobbiano e della bassa val Trebbia a nord, della media val Trebbia con la conca di Bobbio e il monte Penice a sud-ovest e della val Perino a sud-est[2].
Ai piedi della pietra, nel territorio comunale di Bobbio, vi è l'oratorio dedicato alla Madonna di Caravaggio, situato nei pressi della località di Brodo e posto alle dipendenze della chiesa parrocchiale di Mezzano Scotti.
Si tratta di un lembo di mantello terrestre, di natura serpentinica, a causa dell'alterazione dei minerali femici e ultrafemici costituenti la litosfera oceanica dell'allora Tetide. finito sul fondo dell'oceano Ligure prima della sua chiusura, avvenuta circa 200 milioni di anni fa, a seguito di una frana sottomarina (olistostroma) che ha interessato un rilievo impostato sul mantello che costituiva il fondo dell'oceano[3]. Questo lembo è stato così inglobato, quale olistolite, nella formazione geologica, ricca di componente argillosa, che in quel momento si andava depositando sul fondo[4], la quale è nota con la denominazione di complesso caotico o complesso di Pietra Parcellara[3].
Una volta creatosi il rilievo appenninico, i processi di degradazione meteorica e l'azione delle acque dilavanti hanno portato la dura massa serpentinica ad emergere, a causa del fenomeno dell'erosione differenziale, portandola a dominare il paesaggio circostante, composto in prevalenza da argille scagliose[1].
Sul monte anticamente chiamato Prescigliera, in epoca longobarda, si formò un castrum monastico inserito nei possedimenti dell'abbazia di San Colombano di Bobbio e che crebbe di importanza con la costruzione del castello di Prescigliera e della vicina cappella. Nella zona sono testimoniati anche i possedimenti di Travo-Caverzago, Stazzano, Murlo[5][6] ed altri come Prescigliera (Pietra Parcellara), S.Anna (ant. S.Michele) della Perduca, S. Andrea, S. Maria, Signano, Fellino, Fiorano, Mezzanello, Pigazzano, Bobbiano, Denavolo, Chiosi, Quadrelli, Scarniago, Statto, Viserano.[7][8][9].
Successivamente entrò a far parte dei possedimenti del monastero di San Paolo di Mezzano Scotti[10], passando, in seguito, alla famiglia Malaspina in epoca imprecisata[10]. Nel 1120 Piacenza e le truppe guelfe occuparono la zona nel corso della guerra condotta contro i ghibellini bobbiesi, tuttavia i Malaspina riuscirono a resistere e, in seguito, a rioccupare l'area. Nel 1155 venne ceduta dai Malaspina alla nobile famiglia dei Perducca[10], già feudataria della vicina Pietra Perduca, anch'essa fortificata e dotata di castello.
Nel 1164 il Barbarossa concesse alla famiglia Malaspina l'investitura su diversi feudi situati in val Trebbia; tra questi venne loro concessa, forse erroneamente, la proprietà del feudo di Pietrasilaria, il quale venne, infine, riconfermato a Oberto da Perducca. Nel 1170 la zona della Pietra Parcellara venne nuovamente attaccata da parte delle truppe guelfe piacentine, le quali posero sotto assedio il castello; al termine della battaglia, durante la quale trovò la morte un nipote di Oberto da Perduca, dopo mesi di combattimenti, le milizie guelfe furono costrette alla ritirata. Nel 1269 il comune di Piacenza riuscì ad occupare i territori limitrofi, compresi il feudo di Parcellara ed il castello, che verrà, quindi, completamente distrutto[10] nonostante le proteste del vescovo di Bobbio. A seguito di ciò, la Pietra Parcellara, insieme alla zona di Mezzano Scotti e al locale monastero, entrò a far parte della contea vescovile di Piacenza.
Con la creazione dei comuni, in età napoleonica, la Pietra Parcellara, seguendo le sorti di Mezzano Scotti, venne interamente inclusa nel territorio comunale di Travo a cui rimase fino al passaggio della parte meridionale sotto il comune di Bobbio, avvenuto nel 1927, contestualmente al distacco della zona di Mezzano Scotti dal comune di Travo e al suo inserimento nel comune di Bobbio[11].
Si può arrivare ai piedi della montagna attraverso due strade asfaltate: la strada provinciale 68 di Bobbiano che permette l'accesso da nord, da Travo, attraversando la frazione di Chiosi di Bobbiano, e da sud, dal passo della Caldarola[12], e una strada comunale che sale da Perino, frazione di Coli passando per Donceto, frazione di Travo, e Brodo, frazione di Bobbio, da cui si dirama un sentiero segnalato con i segnavia del CAI che permette di raggiungere la vetta[2], fino a ricongiungersi alla strada provinciale 68 a sud del rilievo.
La cima può essere raggiunta tramite due accessi, rispettivamente posti a sud-est e a nord-ovest del rilievo:
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